NEXT
di
Giulia Arioli e Alice Consoli
“Next” è un progetto fotografico, ma anche un percorso il cui obiettivo è quello di analizzare e portare alla luce le scelte decisionali che hanno dato vita a determinate campagne pubblicitarie.
Al fine di evidenziare come queste scelte siano cambiate negli anni, abbiamo lavorato per decadi, mostrando le principali caratteristiche fisiche delle modelle e le tendenze esaltate in ogni decennio, seguendo un percorso inverso che parte dai giorni nostri e si conclude negli anni Sessanta.
Per riuscire a capire i meccanismi che hanno portato all’evoluzione di queste con il passare degli anni, abbiamo parlato con la modella Chantal Pistelli McClelland.
Mi chiamo Chantal, vivo a Pisa e sono un’atleta di Adaptive Surf e modella. Sia nel mio lavoro che nello sport cerco di trasmettere il messaggio di tentare di superare i propri limiti, cercando di vedere le nostre caratteristiche come delle meravigliose unicità. Partendo dal presupposto che siamo tutti uguali perchè diversi, due mesi fa ho aperto la mia associazione, UNIQUE APS (associazione promozione sociale) che si pone l’obiettivo di sensibilizzare riguardo il tema della disabilità, avvalendosi principalmente di un veicolo di comunicazione efficace quale l’arte.
La mia carriera nella moda è iniziata una decina di anni fa, con sporadici servizi ed eventi ai quali partecipavo anche per rimanere aggiornata su tendenze e nuovi brand. Mano a mano che le collaborazioni sono andate aumentando ho incontrato molte difficoltà, anche se non credo maggiori rispetto a quelle di altre giovani modelle. È sicuramente un mestiere instabile ed effimero, la superficialità e l’eccessiva importanza data all’aspetto esteriore mi hanno sempre fatta digerire male questo lavoro e questo mondo glitterato. Ho quindi deciso di focalizzarmi sul trasmettere un messaggio diverso; chiesi ad un caro amico artista di decorarmi le protesi ortopediche che uso: quella per lo sport, quella per camminare tutti i giorni e quella con il piede inclinato di dieci centimetri che uso per indossare le scarpe con il tacco. L’intento era quello di usare la propria disabilità considerandola una meravigliosa unicità con la quale giocare come se fosse un accessorio moda.
Bisogna essere realisti, sicuramente l’80% dei lavori che faccio ora sono rivolti al tema della disabilità. Brand e redazionali sono attratti da questo, ma attenzione, non dalla mia gamba bensì dal messaggio che rappresenta. Io non sono la mia protesi, la mia protesi rappresenta chi sono. Per questo motivo mi è capitato di rifiutare diversi lavori. Per ottenere dei risultati, come in molti altri campi, bisogna dare valore alle proprie unicità con orgoglio, essere in grado di trasmettere qualcosa in più, che sia determinazione, costanza o impegno.
Ogni passo che ho fatto è frutto di sacrificio e di lavoro su me stessa e ancora non sono arrivata da nessuna parte, volevo fare la modella a livello professionale per arrivare a più persone possibili. Ho ricevuto e ricevo tante porte in faccia, ma penso ad una ragazza, una adolescente che ha paura, che è stata bullizzata per anni per il suo “difetto”. Penso a quante volte questa ragazza è rimasta immobile, sentendosi in colpa di esistere, convinta di essere sbagliata.
Non esistono “no” sufficienti a farmi smettere di lottare per lei, per farle capire che è speciale. Si da sempre più importanza alle individualità anzichè all’omologazione e di questo non posso che essere felice.
Fondamentalmente siamo abituati a seguire tendenze. Tra i primi brand che hanno sposato il concetto di rafforzare il valore delle proprie unicità c’è Desigual, con la campagna con Winnie Harlow.
Nel tempo anche le linee cosmetiche come Dove o Estè e Lauder stano accogliendo questa linea, con campagne dedicate proprio a questo tema ed altre marche che hanno ampliando la gamma dei loro fondotinta o simili per venire incontro a tutti i colori di pelle. Forse stiamo acquisendo più consapevolezza del fatto che è bello essere diversi e che i difetti non vanno demonizzati. Con la crescita dei canali social, nonostante portino alla forsennata ricerca della perfezione partendo da influencer sempre perfette sotto la luce di filtri e quant’altro, si è arrivati alla saturazione, al desiderare la naturalezza, l’individualità, la realtà. Si segue la richiesta, e la richiesta in questo momento è quella di uscire dagli schemi stereotipati.
Si parla tanto di unicità, di trasparenza, di #nofilter, ed è bellissimo, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Si parla di accettare le proprie smagliature, ma ancora pochissime le mostrano liberamente, si parla di accettare quei chiletti in più, ma poi si fa a gara a modificare le immagini. Ancora è tutto teorico e poco pratico, ma siamo sulla strada giusta per renderlo reale a tutti gli effetti.
Piano piano si raggiungeranno grandi risultati, ne sono sicura.